Dall’Agenzia S.I.R. (Servizio Informazione Religiosa) – “Trasmettete quanto imparato e ricevuto in questi giorni a tutti, a partire dalle comunità parrocchiali”. Così l’arcivescovo di Capua, mons. Salvatore Visco, rivolgendosi ai giovani partecipanti della winter school di economia civile. Felicità, lavoro e sostenibilità sono stati i temi che 25 giovani hanno affrontato nei giorni scorsi, partecipando a lezioni e ascoltando testimonianze, riflessioni e condivisioni. Ad accoglierli, i componenti dell’Ufficio diocesano di pastorale sociale e del lavoro. Per parlare di felicità, la prima lezione è stata affidata a suor Alessandra Smerilli, docente di Economia politica all’Auxilium e socio-fondatore della Scuola di Economia civile. Protagonista della seconda giornata è stato Johnny Dotti, pedagogista e imprenditore sociale, arrivato a Capua per parlare di lavoro. L’ultima lezione è stata tenuta da Leonardo Becchetti, docente di Economia politica all’Università romana di Tor Vergata e presidente di Etica Sgr, per ragionare sulla sostenibilità. I pomeriggi della winter school sono stati per i giovani studenti “il momento per gli incontri con un mondo che ‘fa’ economia civile mettendo al centro persone e relazioni”. Tra i rappresentanti delle aziende incontrati, Simona Internò (Amec), impegnata con i ragazzi delle scuole, e Luca Raffaele (Next), che ha presentato come fare rete nel territorio e le nuove competenze legate allo sviluppo sostenibile.
Autore: Giuseppe Simeone
Arcidiocesi di Capua, una winter school per giovani cercatori di senso
Da Economia di Comunione – Troviamo la felicità e la ricchezza di senso della nostra vita, non se la cerchiamo di per sé, ma come risultato del dedicare la nostra vita ad una causa utile per gli altri. Basterebbe questa frase di John Stuart Mill per sintetizzare la winter school di Economia Civile dal titolo: Giovani cercatori di senso. Felicità, lavoro, sostenibilità che 25 giovani della Arcidiocesi di Capua hanno vissuto dal 3 al 5 gennaio. Parrocchie, università, servizio civile, associazioni culturali e movimenti, diverse le realtà coinvolte.
Una esperienza di vita fra lezioni e testimonianze, riflessioni e condivisioni. Gli occhi un po’ assonnati di chi ha appena finito di festeggiare l’arrivo del nuovo anno, i giovani partecipanti popolano la sala Baccarini del seminario diocesano. Un quaderno, qualche articolo sull’economia civile, un po’ di libri da consultare. Vincenzo Mercinelli, direttore dell’Ufficio diocesano di Pastorale Sociale e del Lavoro li accoglie con il loro carico di aspettative e perplessità. La presentazione dello staff e Mercinelli arriva al dunque: «L’economia civile ci offre un nuovo sguardo sulla realtà, un diverso paradigma di sviluppo, inclusivo e biodiversificato, un approccio trasversale e interdisciplinare».
Per parlare di felicità, la prima lezione è affidata a suor Alessandra Smerilli: «Fine delle vacanze natalizie anticipata con gioia per essere a Capua e fare un pezzo di strada insieme a questi giovani». Suor Alessandra, docente di Economia Politica all’Auxilium e socio-fondatore della Scuola di Economia Civile, è da sempre impegnata nello studio e nella ricerca. «L’economia o è civile o è incivile perché avendo a che fare con l’umano non può essere neutrale». E raccontando che «l’economia civile si preoccupa della giustizia mentre cerca l’efficienza» suor Alessandra dimostra agli studenti che parole come dono, gratuità, entusiasmo e cuore sono all’interno del mercato, delle imprese e del lavoro, nascoste forse, ma presenti e decisive. La necessità di accompagnare il cambiamento dei nostri tempi («In una società liquida è importante educare persone solide»!) e si apre la strada ad una profonda riflessione sulla felicità, che è questione complessa. L’etimologia della parola, lo sviluppo integrale della persona, l’immenso tema della fiducia, il paradosso della felicità, l’effetto delle diseguaglianze, i beni relazionali. «É un momento in cui essere giovani può fare la differenza – conclude la Smerilli accendendo la speranza – e là dove non vi viene lasciato spazio, andate a conquistarvelo».
Protagonista della seconda giornata è Johnny Dotti arrivato a Capua per parlare di lavoro. Pedagogista e imprenditore sociale, uomo dalle mille esperienze e scelte concrete, ascoltare Dotti è come stare al centro di un uragano ma legati bene ad una corda. «Cosa è successo al lavoro»? e Johnny porta tutti a bordo di una ideale macchina del tempo: dagli anni ‘70 (almeno!) e la crisi petrolifera, al decennio successivo e il crollo del muro di Berlino, il debito pubblico e la globalizzazione. «Intanto –spiega Dotti – il lavoro scende sotto traccia e la parola d’ordine diventa “consumo” insieme all’affermarsi di teorie economiche che resteranno indiscusse a lungo. L’aumento del debito e la seconda crisi (2007-08) a cui la società sta rispondendo con due pericolose ideologie: la sicurezza (garantita dalla tecnica) e l’efficientismo (chiesto alle macchine e agli uomini). Una crisi di senso dunque che ha bisogno di “contribuzione e sostenibilità” attraverso la costruzione di alleanze da parte di chi si sente responsabile perché libero di generare valore». Johnny risponde alle domande degli studenti smontando certezze e ricostruendo punti di vista dove «l’importante non è vincere o contabilizzare ma vivere un’esistenza in cui non tradire se stessi è come respirare: una vocazione irrinunciabile».
La lezione di venerdì è tenuta infine da Leonardo Becchetti, docente di Economia Politica (Roma Tor Vergata) e presidente di Etica Sgr, per ragionare di sostenibilità. Mente lucida, comunicatività vivace, impegno attivo. Il prof. Becchetti cattura l’attenzione degli studenti con un gioco per dimostrare che gli uomini non sono, per natura, massimizzatori di profitto ma cercatori di senso e «il senso più profondo della loro vita sta nella generatività, cioè nella capacità di generare valore per e insieme agli altri. Desiderare, far nascere, accompagnare e lasciar andare i quattro passi fondamentali per persone, imprese e organizzazioni generative». Dunque cooperazione e la metafora del trapezista, la ricchezza dei territori e il genius loci, i parametri BES oltre il PIL, la tutela delle pari opportunità e la formazione, la circolarità dell’economia e la dignità del lavoro, l’urgenza di politiche macroeconomiche coraggiose. E ancora l’esperienza delle Settimane Sociali, le buone pratiche. Il sistema a quattro gambe e il ruolo dei cittadini attivi, il voto con il portafoglio, i cash mob etici. Con il professor Becchetti si starebbe a parlare per ore! Per fortuna i suoi editoriali continuano a guidarci in un mare di informazioni posticce e mezze verità.
Un ultimo cenno ai pomeriggi della winter school: l’incontro con un mondo che “fa” economia civile mettendo al centro persone e relazioni. Quindi spazio a Simona Internò (Amec) e il suo impegno con i ragazzi delle scuole: le resistenze incontrate, la creatività, l’alleanza con il territorio. Fare rete e valorizzare il territorio sono stati ampiamente richiamati anche da Luca Raffaele (NEXT) che ha sottolineato l’importanza dell’acquisizione di nuove competenze legate allo sviluppo sostenibile e la necessità di impostare relazioni consumatori-imprese basate su fiducia, valutazione e capitale reputazionale. Giovedì pomeriggio i giovani “winterini” ricevono infine un dono nel dono, incontrando Antonio Capece (Ambiente Solidale), Antonio Picascia(Cleprin) e Simmaco Perillo (NCO). Storie di uomini semplici, abituati a cooperare e lavorare promuovendo la qualità dei prodotti e il riscatto sociale, proprio tra Caserta e Napoli dove la camorra non è (solo) il ragazzotto folkloristico delle serie televisive, ma una “cultura” subdola e persistente. «Non siamo eroi e denunciare è un dovere; non abbiamo cercato scorciatoie, abbiamo creduto nello Stato nonostante l’indifferenza generale». Questi tre amici, prima ancora che tre imprenditori, hanno gli occhi un po’ lucidi mentre raccontano che l’etica è con-vincente e ti rende “felice”, resistente ad ogni compromesso, lontano dalla corruzione”. E se lo dicono loro, c’è da crederci!
Inaugurato l’anno accademico dell’ISSR “San Roberto Bellarmino” con una Lectio Magistralis su “Economia e Profezia”
Da Economia di Comunione – Il ritorno da Bratislava, l’allerta meteo e il volo annullato. La soluzione (semplice!) sarebbe stata una telefonata per disdire la lectio. L’alternativa (più complicata!) era cambiare programma. Cercare l’unico volo disponibile per Roma, in un altro aeroporto, per poi raggiungere Capua. La parola data ad un amico, l’impegno preso con una comunità. Il professore Luigino Bruni racconta l’imprevisto e rende ancora più preziosa la sua presenza all’apertura dell’anno accademico dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose “San Roberto Bellarmino” dell’Arcidiocesi di Capua, lunedì 11 dicembre. Nell’introduzione del direttore Antonio Tubiello, il ricordo di Agostino Cilardo, diacono permanente della diocesi e docente di Storia delle Religioni all’ISSR, morto recentemente per un male incurabile.
«La società di mercato negli ultimi anni assomiglia sempre più a una religione con le sue statue, riti e templi». Il professore Bruni, economista con vocazione umanista e appassionato studioso della Bibbia, entra nel cuore della lectio magistralis dal titolo Economia e Profezia tracciando un percorso chiaro con un linguaggio profondo e lucide riflessioni. Operatori pastorali, studenti ed insegnanti ascoltano, curiosi, un economista parlare di Profezia. «Le grandi imprese capitalistiche si stanno accorgendo che per comprare il cuore dei propri dipendenti c’è bisogno di un codice simbolico forte e lo stanno prendendo dalla sfera religiosa» osserva Bruni raccontando, ad esempio, la presenza nelle imprese di coach che cercano di imitare i padri spirituali. E ancora l’uso di parole come missione, vocazione, fedeltà, merito; i finti riti di iniziazione, le pseudo-liturgie di marketing, la ricerca dell’eterna giovinezza. «Le grandi multinazionali si nutrono dei giovani consumando le loro passioni, il loro entusiasmo e la loro incondizionata generosità. Ma – sottolinea il prof. – il registro simbolico più pericoloso, e forse meno evidente, il capitalismo lo sta prendendo, con un balzo indietro di millenni, dal totemismo e i suoi sacrifici. Sacrificio è una parola chiave delle nuove imprese globali: sacrificio di tempo, della vita sociale e famigliare. Con l’inganno di doverne essere addirittura felici, il sacrificio diventa l’atto necessario per poter sperare nel “favore degli dèi”: fare carriera, guadagnare molto, avere stima e riconoscimento dall’alto. E, come nei sacrifici agli antichi dèi e idoli, oggi in queste imprese più si dona tempo e vita più vengono richiesti tempo e vita, finché un giorno esauriamo le nostre offerte».
Ecco allora l’intervento necessario della profezia e dell’economia come “profezia applicata”. «I profeti, la tradizione sapienziale e poi Gesù – continua Bruni – hanno operato una rivoluzione religiosa straordinaria anche per la loro radicale lotta anti-idolatrica. Il profeta svuota il mondo dagli idoli, lo libera dalle ideologie e il cristianesimo ha superato per sempre l’antica logica sacrificale, perché al sacrificio degli uomini offerti a Dio ha sostituito il sacrificio-dono di Dio offerto agli uomini, istaurando l’era della gratuità» (parola che il capitalismo non conosce né riconosce, perché gli idoli non sono sazi mai e non conoscono il dono). Il tentativo di svuotare il mondo dagli idoli e liberarlo dai sacrifici è però ancora in corso perché la tendenza a costruire idoli per adorarli è sempre forte negli uomini. Riscoprire dunque la dimensione profetica della società, dell’economia, della Chiesa è una sfida urgente e prioritaria.
Amico e conoscitore dei profeti, il professore ne restituisce una immagine complessa e meravigliosa: «I profeti sono uomini e donne che ricevono una vocazione, incontrano una voce, e parlano in nome di quella voce distinguendola dalla propria». I profeti veri si sentono sempre inadeguati e spesso il compito del profeta è temporaneo. Hanno un nemico pericoloso, il falso profeta, che generalmente si auto-candida e tende a dire sempre quello che gli altri, soprattutto i potenti, vogliono sentirsi dire. «Invece – evidenzia Bruni – c’è sempre una tensione radicale tra i profeti veri e il potere perché il profeta sa vedere la naturale tendenza di ogni potere a pervertirsi e trasformarsi in tirannia. Lo vede, lo dice, lo grida. Sa che l’unica azione positiva nei confronti dei potenti è la denuncia, la critica, lo smascheramento delle loro reali intenzioni al di là delle parole belle e ruffiane». E infine, il profeta ha uno sguardo diverso sul mondo, è abitato da una luce che gli consente di vedere cose che gli altri non vedono, sempre dalla prospettiva dei poveri e degli oppressi. «La vera sfida per tutti e per ciascuno, come persone, come cittadini e come comunità religiose è quello di non dimenticare i poveri, stare di più nelle periferie, nelle fratture, in quei luoghi dove la vita e l’economia rinascono ogni giorno».
Il commento di Bruni ad una della pagine più belle di tutta la Bibbia, tratta dal libro di Isaia (Is 21, 6-12 ), conclude la lectio magistralis e regala un ultimo tratto, pieno di poesia, umanità e realismo, del profeta: Shomèr ma-millàilah? (Sentinella, quanto manca al giorno?). […] Il profeta è sentinella della notte. Non è uomo o donna della luce, non è abitante del mezzodì. Sa che la notte non è per sempre, l’alba arriverà, ma soprattutto sa di non sapere quando e sa che «è ancora notte». Abita la notte, come tutti, ignorante, come tutti, del tempo dell’aurora. Non chiama la notte giorno, non accende fuochi per spegnere il buio. La conosce, è il suo tempo, e non dà risposte che non può dare. Il profeta non è un astrologo, non sa leggere le stelle, non è un indovino né un aruspice. Non è questo il suo mestiere. Lui è “colui che sta”, rimane nel suo posto di vedetta notturna. E lì spera, attende, crede, non sa, come tutti, con tutti. Ma dialoga con i passanti, parla con i viandanti della notte: «Se volete domandate, domandate ancora, tornate a chiedere» […]. Dunque una lezione “profetica” costruita attorno alle parole sperare e attendere che, come ha sottolineato l’arcivescovo Salvatore Visco nel ringraziare il relatore invitandolo a tornare presto, assume un significato ancora più importante in questo tempo di Avvento, per definizione tempo di attesa e speranza. «L’incontro con i profeti, di ieri e di oggi, ci aiuta a vivere il presente e le notti del mondo con fiducia e coraggio» conclude l’Arcivescovo.
Nel viaggio che mi riporta a Firenze per lavoro, è ancora notte, ma l’alba conquista presto il suo spazio. Le luci dei lampioni non sono più necessarie, le città si animano e il sole è alto. La legge della vita ci insegna che dopo la notte arriva sempre il giorno, in momenti diversi cambiando latitudine, ma la luce torna a regalare calore e colori che ci lasciano sempre senza fiato. E dunque alle diverse latitudini delle nostri notti, più o meno profonde, più o meno lunghe lasciamoci prendere per mano dai veri profeti senza smettere di “domandare, domandare ancora e tornare a chiedere: Sentinella, quanto manca al giorno”?
Udienza Generale di Sua Santità Francesco. Studenti e docenti in pellegrinaggio.
Dal Mattino – Tantissimi studenti e docenti delle scuole della Città di Santa Maria Capua Vetere e San Tammaro all’udienza generale del Santo Padre. Più di 600 alunni hanno partecipato nella Sala Nervi all’udienza del 6 dicembre con il Papa. Tale iniziativa rientra nell’ambito del protocollo di intesa “Educazione alla Legalità” sottoscritto lo scorso mese di luglio tra il Comune di Santa Maria Capua Vetere, la Curia Arcivescovile di Capua, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, la Procura della Repubblica, il commissariato della Polizia di Stato, l’Università della Campania Dipartimento di Giurisprudenza, il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, la Sottosezione dell’Associazione Nazionale dei Magistrati, le dirigenze scolastiche degli istituti della città di Santa Maria Capua Vetere.
“Saluto i gruppi parrocchiali, gli istituti scolastici aderenti al progetto di formazione alla legalità dell’Arcidiocesi di Capua”. Questo il saluto di Papa Francesco ai tanti pellegrini accorsi.
“Un momento splendido ed emozionante – dichiara l’avvocato Giuseppe Simeone, che è tra gli organizzatori della trasferta – per me, per gli insegnanti e per i tanti alunni che oggi hanno partecipato a questa memorabile giornata. Un momento importante di aggregazione e fraternità iniziato nel Duomo di Santa Maria Capua Vetere ad inizio anno proprio con le parole Papa Francesco nella sua visita nella provincia di Caserta. “Questa vostra bella terra che richiede di essere tutelata e preservata, richiede di avere il coraggio di dire no ad ogni forma di corruzione e di illegalità” (Papa Francesco 26 Luglio 2014).
Epochè, attori detenuti e magistrati sul palco del Teatro Garibaldi
Dall’Agenzia S.I.R. (Servizio Informazione Religiosa). “Epochè”: attori detenuti e magistrati sul palco del Teatro Garibaldi, a Santa Maria Capua Vetere, sabato 2 dicembre. L’arcivescovo di Capua, mons. Salvatore Visco, intervenendo al Teatro Garibaldi, ha osservato: “Coniugare il diritto ad essere uomo e a recuperare se stesso attraverso anche un momento di riflessione e forse di sofferenza e coniugare insieme il legittimo diritto della giustizia, mai della vendetta, forse è il compito che tutti hanno di costruire. Quello che questa stasera avete presentato, ad alto livello, è una delle iniziative che cercano di coniugare il diritto della persona a recuperare se stessa e insieme il diritto della società di vivere il momento della giustizia”.
L’iniziativa rientra nell’ambito del protocollo di intesa “Educazione alla Legalità” sottoscritto lo scorso mese di luglio tra il comune di Santa Maria Capua Vetere, la curia arcivescovile di Capua, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, la Procura della Repubblica, il commissariato della Polizia di Stato, l’Università della Campania Dipartimento di Giurisprudenza, il Consiglio dell’Ordine degli avvocati, la sottosezione dell’Associazione nazionale dei magistrati, le dirigenze scolastiche degli istituti della città di Santa Maria Capua Vetere.
Lo spettacolo, con la regia di Marco Puglia, è stato trasmesso in diretta streaming sul canale Kairos Tv dell’arcidiocesi di Capua.
Avvenire, lettera al Direttore Marco Tarquinio
Gentile direttore
con le recenti discussioni in merito alla legge elettorale l’opinione pubblica si indigna di fronte alle famosa questione dei nominati che oggi siedono in Parlamento e che dovrebbero rappresentare un territorio, senza aver ricevuto una preferenza e quindi un contatto diretto con il sovrano indiscusso delle urne, l’elettore. Il fenomeno dei nominati investe tutti i partiti dall’estrema destra all’estrema sinistra passando anche per il Movimento 5 Stelle che vede molti suoi esponenti eletti con pochissime preferenze ricevute preliminarmente in rete dallo stretto circolo dei sostenitori del movimento. La vera sfida del futuro era ed è capire qual è il sistema elettorale principe delle urne, quello al massimo rappresentativo della cittadinanza e di un territorio di riferimento. Certo è che oggi si grida allo scandalo, ma nel lontano 1991 gli italiani con oltre il 90% di sì hanno deciso di abolire le preferenze tra scandali di tutti i tipi e accuse di “voti di scambio”. Inoltre, oggi i nominati dalle segreterie dei partiti siedono quasi esclusivamente in Parlamento, perché il voto con la preferenza è presente nei Comuni, nelle Regioni e anche nelle elezioni del Parlamento europeo. Insomma le tanto denigrate preferenze della Prima Repubblica oggi ritornano di moda, dopo tanti tentativi tra maggioritario, proporzionale, soglie di sbarramento e compromessi politici… Perché col cosiddetto Rosatellum le segreterie dei partiti potranno comunque “nominare” gli eletti a Camera e Senato. Nella consapevolezza che non esiste una legge elettorale perfetta il sistema più apprezzabile, a mio avviso, è quello uninominale a turno unico nel quale il seggio è assegnato al candidato che abbia riportato il maggior numero di voti oppure in alternativa quello a due turni che prevede un ballottaggio tra i due candidati che al primo turno abbiano riportato il maggior numero di voti. Lei cosa pensa in merito?
Giuseppe Simeone, avvocato, Santa Maria Capua Vetere
Risposta del Direttore Marco Tarquinio
Ragiono e scrivo di ipotesi di legge elettorale e di riforme del nostro sistema politico da più di trent’anni. Ho cominciato, cari amici lettori, alla fine degli anni 80 del Novecento, da giovane cronista parlamentare, e non ho più smesso. Perché in Italia non si è più smesso di fare e di disfare – o almeno di progettare di fare e disfare – “regole del gioco” e meccanismi istituzionali. Per due volte ho visto smontare per via referendaria grandi riforme faticosamente votate in Parlamento e orientate (sia pure con soluzioni evidentemente non solo per me non del tutto convincenti) a consolidare la mutazione in senso maggioritario e più presidenzialista della democrazia parlamentare italiana: la prima, sbrigativamente definita «della devolution», era targata Berlusconi-Bossi; la seconda, imperniata sul superamento del bicameralismo perfetto e dell’attuale regionalismo, è stata promossa dal Quirinale di Giorgio Napolitano e condotta in porto da Matteo Renzi. Quest’ultima bocciatura referendaria si è incastonata tra altri due sonori stop, quelli che la Corte costituzionale ha decretato su meccanismi cruciali di altrettante leggi elettorali: il cosiddetto Porcellum, utilizzato ben tre volte (2006, 2008, 2013) e il cosiddetto Italicum, sistema a doppio turno eventuale mai sperimentato e frutto della convinzione (errata) che la riforma costituzionale sottoposta a ratifica popolare il 4 dicembre 2016 sarebbe stata inevitabilmente approvata. Tutto questo ci ha portati all’attuale situazione. Il dibattito politico degli ultimi dieci mesi ha confermato quanto avevo visto, “letto” e registrato nel voto referendario del dicembre 2016: lo sprigionarsi di una “contronda” rispetto ai referendum che nella prima metà degli anni 90 avevano spinto l’Italia ad archiviare la lunga stagione del proporzionale. Un bene? Un male? Un fatto. Rispetto al quale, ovviamente, non contano le mie preferenze personali (vorrei un calibrato sistema a base proporzionale con premio di governabilità), ma l’efficacia del sistema elettorale nel rappresentare i cittadini-elettori e nel dare indicazioni comunque utili e chiare per il governo responsabile del Paese. E qui si mescolano preoccupazione e speranza. Temo, infatti, che l’obbligo di compiere scelte di coalizione non diminuirà affatto la fatica nel costruire un quadro politico stabile e coerente, ma non rinuncio a sperare di veder smentita questa preoccupazione. E, comunque, meglio questa soluzione della situazione attuale che consegna l’elezione di deputati e senatori a due leggi d’impostazione diversa e che, giustamente, il Capo dello Stato considera al limite della ingestibilità. Non mi dilungo, anche perché il 27 aprile («Fischio di riavvio»: CLICCA QUI ) sull’impulso dato dal presidente Sergio Mattarella e l’11 ottobre («Perché non basta»: CLICCA QUI ) dopo il voto della Camera sul Rosatellum, ho scritto sia dei problemi da risolvere sia delle perplessità sull’ipotesi di nuova legge elettorale che il Senato dovrà presto esaminare. Insisto, qui, su un punto chiave, che sta al centro delle analisi e dei commenti che da anni sviluppiamo sulle pagine di “Avvenire”: possiamo anche farci piacere i listini bloccati corti accompagnati da una quota notevole di collegi uninominali per l’elezione dei due rami del Parlamento, ma non possiamo tacere che si tratta di una risposta solo parziale e ancora troppo verticistica nella selezione dei rappresentati del «popolo sovrano». Vanno riconsegnati ai cittadini elettori la possibilità e il concreto potere di designare i propri eletti. E il referendum del 1991 sulle preferenze, non servì per abolirle tutte visto che erano state usate male e per “controllare” il voto, ma per darcene una sola. Da lì si può e si deve ripartire. Personalmente suggerisco da tempo l’adozione di liste non bloccate sulle quali esprimere una sola preferenza (ma ne accetterei anche io due, “di genere”, nel caso di voto per un uomo e per una donna) oppure il ricorso diffuso a collegi uninominali, ma con primarie di collegio per l’individuazione dei candidati. Dicono che scegliere e far scegliere è un rischio e “costa”. Rispondo che non farci scegliere pienamente e spingerci a scegliere di meno (con l’astensione), costa molto di più. Ed è un rischio enorme, perché così si svuota il cuore della nostra democrazia.
https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/la-democrazia-si-custodisce-riavvicinando-elettori-a-eletti
Aldo Moro: un Cristiano verso l’altare. Incontro a Santa Maria Capua Vetere
La Città di Santa Maria Capua Vetere è stata protagonista del processo di beatificazione dello statista. L’Amministrazione comunale ha aderito alla manifestazione nazionale di chiusura degli eventi, partiti un anno fa, finalizzati ad avviare il processo di beatificazione dello statista e giurista democristiano Aldo Moro. Sabato 23 settembre al Teatro Garibaldi è stata dedicata una giornata alla figura di Aldo Moro, incontro organizzato dall’Assessorato alla Legalità guidato dal vicesindaco Oscar Bobbio con la collaborazione del dott. Giuseppe Casillo.
“La ricorrenza ci induce a riflettere – dichiara Bobbio – su un particolare aspetto della personalità di Aldo Moro, che nel corso della sua vita, con una costante ricerca ed un sofferto impegno, fino alla morte, ha dato concreta testimonianza di una possibile coerenza tra fede e politica. Il valore della sua testimonianza è fortemente sentito nell’attuale contesto sociale caratterizzato da una diffusa illegalità che alimenta la sfiducia dei cittadini e il disagio giovanile. Perciò questo evento, come evidenziato nella delibera della Giunta comunale che ha indetto la manifestazione, si pone perfettamente in linea con il progetto dell’amministrazione, già avviato con la firma di un protocollo d’intesa con le istituzioni scolastiche e con le autorità civili e religiose, per intraprendere percorsi formativi per giovani, volti a maturare una cultura della legalità e ad inculcare condotte improntate al rispetto del prossimo e dell’ambiente circostante”.
Attualmente è stato accolto, dal tribunale della diocesi di Roma, il ‘supplice libello sulla fama di santità’, cioè il documento che costituisce il presupposto per avviare la causa” e si stanno raccogliendo numerose testimonianze.
Tra gli invitati e presenti l’avvocato Nicola Giampaolo, postulatore della causa di beatificazione del servo di Dio Aldo Moro, il giornalista Ansa Paolo Cucchiarelli, autore del libro “Morte di un Presidente”, il dottor Giovanni Ricci, figlio del capo scorta di Aldo Moro, la dott.ssa Gabriella Maria Casella, presidente del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, la dott.ssa Maria Antonietta Troncone, Procuratore della Repubblica, S. E. Monsignor Salvatore Viscovo, Arcivescovo di Capua e il sindaco di Santa Maria Capua Vetere Antonio Mirra. Il convegno che ha visto la partecipazione degli studenti è stato moderato dal giornalista Ermanno Corsi.
Un commento sulla figura del giurista pugliese è rilasciato anche dall’avvocato Giuseppe Simeone, promotore e coordinatore del protocollo della legalità. “Una figura fondamentale quella di Aldo Moro – dichiara Simeone – sia sotto il profilo politico ma soprattutto sotto il profilo umano. In un momento di crisi di valori in cui siamo attanagliati oggi la figura di Moro è un esempio per molti di noi, giovani e meno giovani. Un grande politico, segretario di uno dei più grandi partiti politici, cattolico, uomo delle istituzioni e animatore sin da giovane di un pensiero liberale e cristiano. La sua vita fu barbaramente troncata in un momento in cui il suo partito voleva sperimentare una possibilità di intesa con forze sociali di diverso ideale per riportare la politica al concetto superiore ed universale del dialago e della comprensione tra tutti i componenti della Famiglia Umana. La sua teoria delle “convergenze parallele” è sempre attuale perché il fine ultimo della politica deve e sarà sempre la pacificazione tra i vari corpi sociali e la fraternità tra le varie componenti della Società”
Aldo Moro: un Cristiano verso l’altare. Incontro a Santa Maria Capua Vetere
Diocesi: Capua, al via il progetto “Educare alla legalità”
Dall’Agenzia S.I.R. (Servizio Informazione Religiosa). Al via il progetto “Educare alla legalità”. Ieri si sono riuniti presso la sala giunta del Comune di Santa Maria Capua Vetere i rappresentati e delegati dei 15 soggetti firmati del protocollo della legalità, sottoscritto lo scorso 3 luglio presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Ne informa, oggi, “Kairosnet”, il blog dell’arcidiocesi di Capua. Tante le proposte per il nuovo anno scolastico. Previsti momenti formativi per gli insegnanti, incontri presso gli istituti scolastici con le forze dell’ordine, magistrati e sacerdoti. A portare il saluto dei vertici del tribunale di Santa Maria Capua Vetere il magistrato Sergio Enea, presidente della sottosezione dell’Associazione nazionale magistrati. Oltre dei momenti formativi per i ragazzi delle scuole proposte una visita a Roma all’Udienza del Santo Padre e una marcia della pace. “Tutto è iniziato il 27 gennaio scorso nell’incontro organizzato presso il duomo di Santa Maria Capua Vetere – ha dichiarato Giuseppe Simeone, delegato dell’arcidiocesi di Capua – con le parole di sua Santità Francesco su questa splendida terra. Nel corso dell’ultimo anno scolastico abbiamo incontrato tantissimi giovani e dopo tanti momenti di ascolto e confronto insieme a sacerdoti, magistrati e forze dell’ordine abbiamo deciso di organizzare anche una visita all’Udienza del Santo Padre e una marcia della pace”.
https://agensir.it/quotidiano/2017/9/12/diocesi-capua-al-via-il-progetto-educare-alla-legalita/
Legalità, il protocollo. Patto con Chiesa e scuole
DAL MATTINO – La presidente del palazzo di giustizia di Santa Maria Capua Vetere, Gabriella Casella, è stata la prima di una lunga serie di firmatari di un documento riguardante un protocollo d’intesa denominato “Educazione alla Legalità” che ha, come obiettivo primario, quello di diffondere i principi di legalità specialmente verso le nuove generazioni. Al protocollo, sostenuto dalla locale amministrazione comunale, ha aderito la Procura della Repubblica con il capo, dott.ssa Maria Antonietta Troncone: l’Arcidiocesi di Capua con il Vicario Generale monsignor Elpidio Lillo, gli Istituti Scolastici della Città del Foro, il Dipartimento di Giurisprudenza con il Direttore Lorenzo Chieffi, l’ordine degli avvocati, la Polizia di Stato di Santa Maria Capua Vetere e la sezione locale dell’Associazione Nazionale Magistrati. Ad aprire la seduta il Sindaco Antonio Mirra che ha ringraziato i protagonisti delle giornate della legalità in città: monsignor Domenico Di Salvia promotore e l’avv. Giuseppe Simeone coordinatore insieme al sacerdote napoletano Don Luigi Merola.
Immigrazione e Integrazione
Negli ultimi anni si è accentuato notevolmente, diventando un problema sociale e di pubblica sicurezza, la questione dei migranti che attraversano il Mediterraneo per approdare in Italia sulle nostre coste viste oramai non solo come punto di arrivo ma anche come passaggio verso il nord Europa. Il fenomeno dei migranti verso l’Europa assume le caratteristiche non solo di un’occupazione di vuoti di posti di lavoro ma anche di un’occupazione di una società oramai priva di ideali e di etica. Non dimentichiamoci la disillusione del Santo Giovanni Paolo II all’indomani del rifiuto da parte dell’Unione Europea di considerare come elemento fondativo dell’Europa “le comuni radici giudaico-cristiane”. Il fenomeno della migrazione dai paesi del Maghreb e dal Medio Oriente è dovuto non solo alla reale esigenza di scappare dalla guerra e dalla miseria ma anche dalla necessità di riempire i vuoti di una società Europea sempre più razionalista e areligiosa. D’altra parte io mi chiedo come possa aversi un’integrazione con i popoli dell’Unione Europea quando la maggior parte dei migranti proviene da una cultura il cui elemento fondativo fortemente radicato nelle leggi statali è quello della stretta osservanza religiosa che se è ammissibile in un libero convincimento religioso non può esserlo nell’organizzazione statuale in cui molti di questi migranti non credono. E’ possibile applicare anche con riferimento ai migranti musulmani l’aforisma “libera Chiesa in libero Stato” come “libera Moschea in libero Stato”?